(fotografato a Pietra di Monte - Monti Aurunci- Lazio)
Pteridium aquilinum (L.) Kuhn
Felce aquilina

Dennstaedtiaceae. Felce alta fino a 2 metri. Le spore sono disposte sui bordi delle foglie, protetti dall'orlo della foglia ripiegato. Sporifica aprile- settembre
Molto comune. Radure dei boschi (0- 2100 m)
Ptreridium deriva dal greco "pteros" ala.
La felce aquilina contiene un principio attivo di tipo enzimatico termolabile (tiaminasi o neurinasi) che provoca la distruzione della tiamina (Vitamina B1). L'ingestione di questa pianta da cruda può provocare gravi avvelenamenti, potenzialmente letali, nell'uomo e negli animali monogastrici (soprattutto nel cavallo), mentre sarebbero tolleranti i ruminanti, in grado di sfruttare largamente la tiamina operata dalla microflora del rumine. Un secondo principio attivo, termostabile, può provocare gravi emorragie ed anemia nei ruminanti. La pianta contiene anche ptaquiloside, un composto cancerogeno; le comunità (soprattutto in Giappone) che consumano i giovani fusti come vegetale, hanno un livello di cancro allo stomaco tra i più elevati al mondo. Si ritiene che il consumo di latte contaminato da ptaquiloside contribuisca allo sviluppo del tumore gastrico nelle popolazioni delle Ande venezuelane. Anche le spore sembrano essere implicate nell'attività carcinogenica.

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