La differenza tra varietà e cultivar (di Enrico Banfi)

La differenza di fondo tra varietà e cultivar, che è una differenza biologica prima che formale, sta nel fatto che la prima è prodotta dalla selezione naturale (per es. prevalenza di incroci fra individui che vivono ai margini della distribuzione (areale) della specie rispetto a incroci con individui della parte interna dell'areale (deriva genica), oppure popolamenti della specie piccoli e geneticamente isolati, che con l'andare del tempo possono accumulare qualche carattere lievemente diverso rispetto al "core" della specie, oppure ancora semplice polimorfismo che si mantiene all'interno della popolazione ecc.
In ogni caso la varietà è perfettamente autonoma in natura e costituisce un rango tassonomico infraspecifico come la sottospecie, la subvarietà, la forma e la subforma, tutti argomenti della tassonomia regolati dal codice internazionale di nomenclatura (ICN).
Invece la cultivar è una variazione selezionata in coltura la cui comparsa può essere casuale come risposta alle condizioni innaturali del suo ambiente di coltivazione, ma di norma è provocata da ibridazioni programmate (per es. il riso, le rose ecc.) e persino mediante trattamenti chimici e irraggiamento nucleare. In tutti i casi è estremamente infrequente che una cultivar lasciata a sé si mantenga in natura, sia perché il più delle volte biologicamente impossibilitata a riprodursi (sterilità) e comunque geneticamente instabile, sia e soprattutto perché impreparata a sostenere la competizione della flora spontanea qualora venisse a trovarsi in natura. Per questi motivi la cultivar è definita un rango cultonomico e costituisce oggetto della cultonomia (in opposizione a tassonomia).

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